Moda
Dolce & Gabbana: un inno alla gioia
di Angelo Fasolo
Pubblicato il 2020-09-27
Milano Fashion Week 2020 è un tripudio di colori per gli stilisti Dolce & Gabbana che rappresentano, attraverso la loro collezione, un inno alla gioia. Dolce & Gabbana riprendono una loro collezione del 1992, la smontano e la rimontano per dare vita a una collezione che dimostra che le culture possono convivere e che dalle […]
Milano Fashion Week 2020 è un tripudio di colori per gli stilisti Dolce & Gabbana che rappresentano, attraverso la loro collezione, un inno alla gioia.
Dolce & Gabbana riprendono una loro collezione del 1992, la smontano e la rimontano per dare vita a una collezione che dimostra che le culture possono convivere e che dalle crisi si esce mettendo in campo competenza, impegno e creatività.
Il Patchwork di Dolce & Gabbana serve per unire
Una collezione di moda può sempre diventare la narrazione di un momento storico perché ne raccoglie le immagini, le sensazioni, perfino gli umori e i dissapori, i contrasti e le affinità.
Una possibilità che diventa ancora più evidente se, come fanno Domenico Dolce e Stefano Gabbana, alla collezione si assegna un titolo che la identifica. E loro hanno intitolato «Patchwork Sicilia» la collezione primavera-estate 2021 di Dolce & Gabbana.
Il Patchwork ha un grande potere perché mette insieme il possibile e l’improbabile, nella tecnica e nel colore, nella forma e nella sostanza. Unisce fiori, figure e pois.
Anche se non è una parola italiana, è entrata nel nostro vocabolario da tempo e quindi è molto comprensibile: si sa che è un modo di creare un manufatto unendo pezzi diversi che possono sembrare in contrasto per colore, materiale, forma, ma che acquista un significato diverso una volta che i pezzi vengono uniti, cuciti, messi insieme.
E che cosa c’è di più bello che mettere insieme le culture, le sensazioni, le pressioni, i problemi, le soluzioni quando si vivono momenti incerti, contraddittori, difficili, di cambiamento, come quello che stiamo vivendo almeno da otto mesi e che non sappiamo quando finirà?
«Il patchwork come atto di unire, mettere insieme, contro questo momento che potrebbe spingere verso la disgregazione. Per noi era prioritario unire, condividere, non buttare, non sprecare» dicono Domenico Dolce e Stefano Gabbana prima della sfilata nella loro instancabile azione di dare al loro lavoro, e al lavoro di tutta la moda, una continuità necessaria.
Dolce & Gabbana tripudio di colori per la Milano Fashion Week
Dolce & Gabbana ha scelto di sfilare dal vivo e in presenza di ospiti. La stessa scelta Domenico e Stefano l’hanno fatta a luglio per la collezione Uomo e agli inizi di settembre a Firenze per l’Alta Sartoria e l’Alta Moda.
«Vivere, condividere e sopravvivere: abbiamo un’azienda in cui lavorano molte persone e a loro dobbiamo il rispetto di conservare il lavoro.
Sfilare dal vivo, finché si può fare, è importante perché nei periodi difficili occorre resistere e pensare anche che siamo responsabili della sopravvivenza del sistema: è in atto una crisi incredibile, la moda vende la metà di quanto faceva negli anni scorsi.
Tutto sta cambiando, anche il sistema di vendita. Ci sono mercati in cui non si vende, altri in cui si è tornato a vendere nei negozi, altri che comprano solo online: noi siamo molto curiosi o osserviamo questa evoluzione. È in atto un cambiamento, bisogna gestirlo.
Vogliamo credere nel cambiamento e investire con idee e professionalità. Bisogna ricostruire su basi solide» dicono gli stilisti che si ritengono privilegiati di fare il loro lavoro. «La bellezza di questo mestiere è poter esprimere i propri sentimenti attraverso il nostro lavoro».
La collezione di Dolce & Gabbana rappresenta un inno alla gioia
Una sfilata molto allegra, molto positiva, molto colorata. «Per la prima volta dopo anni non c’è un pezzo nero… Il colore come segno di vitalità che trasmette i nostri sentimenti».
Se questo è l’istinto trasmesso nella sfilata, la collezione ha una genesi storica. «Abbiamo chiamato la collezione Patchwork di Sicilia, perché osservando il nostro lavoro e i nostri viaggi in Sicilia, dove c’è una marea di influenze che abbiamo messo insieme per creare un patchwork».
Ed ecco la chiave: mettere insieme le influenze, ricucire le provenienze, farle convivere. «Nel 1992 abbiamo fatto una collezione, allora ispirata agli Anni 70.
Oggi l’abbiamo ripresa dagli archivi e l’abbiamo rimessa secondo il gusto di oggi. Siamo al nostro 37esimo anno di attività e ci siamo resi conto che non facciamo moda ma continuiamo a parlare di noi, del nostro stile. Ci ha colpito che quegli abiti oggi abbiamo ancora una contemporaneità».
A questo punto, Dolce & Gabbana hanno dato i tessuti alle sarte: dai 50 tessuti uguali sono derivate composizioni diversissime perché ogni sarta ha creato dei pannelli diversi secondo la propria libera interpretazione.
«Abbiamo voluto dare al patchwork anche un significato sociale: la nostra voglia di mettere insieme le culture di tutto il mondo ci ha fatto partire dalla Sicilia, ma in una situazione mondiale di evoluzione come questa che stiamo vivendo vogliamo indicare che le culture possono convivere senza prevaricazione».