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Cinema & Spettacolo

Recensione del Film: Everything Everywhere All at Once

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Everything Everywhere All at Once – Un Multiverso da Oscar

Everything Everywhere All at Once – Multiverso è il termine scientifico che descrive l’idea che al di là dell’universo osservabile possano esistere anche altri universi; una teoria senza dubbio affascinante, questa, e un ottimo punto di partenza per molte storie. Infatti, sono diversi i film che hanno affrontato questo tema: dal cinecomic Doctor Strange nel Multiverso della Follia, al più recente Ant-Man and the Wasp: Quantumania, i nostri eroi hanno a che fare con realtà parallele che coesistono con la nostra… e nelle quali, probabilmente, esiste un altro “noi”.

Arriviamo dunque al re delle produzioni indie Everything Everywhere All at Once ((il titolo significa “Tutto ovunque contemporaneamente”), che è stato definito dalla critica il “film definitivo sul multiverso”; ha ottenuto 10 candidature e vinto ben 7 Premi Oscar: Miglior film, miglior attrice (Michelle Yeoh), migliori registi e migliore sceneggiatura originale (Daniel Kwan e Daniel Schenert), e poi miglior editing, miglior attrice non protagonista (Jamie Lee Curtis) e miglior attore non protagonista (Ke Huy Quan). Insomma, il film – scritto e diretto da Daniel Kwan e Daniel Scheinert, in arte “The Daniels”-, ha decisamente dominato la 95esima edizione degli Oscar, ed è ora tornato al cinema in ben 370 sale.

oscar Everything Everywhere All at Once
oscar Everything Everywhere All at Once

Il genere è quello di una commedia d’azione, che mescola fantascienza, melò, combattimenti di arti marziali e un pizzico di horror. La vicenda narra una storia minuta, quasi quotidiana: il recupero del dialogo in una famiglia ormai assuefatta alla monotonia di tutti i giorni.

Protagonista della storia è una donna di origini cinesi, Evelyn, un’immigrata cinese di mezza età trapiantata negli Stati Uniti; insoddisfatta della propria vita, si trova da un giorno all’altro ad essere catapultata dentro varie realtà parallele, che ospitano altrettanti doppioni di sé stessa. Analogamente alla teoria del caos, secondo la quale “Una farfalla sbatte le ali e dall’altra parte del mondo scoppia una guerra“, ogni decisione di  Evelyn, persino quelle più piccole, hanno dato vita a tanti altri universi possibili; non a caso gli stessi registi definiscono Everything Everywhere All at Once “Un film sulla compassione nel caos”.

Il film Everything Everywhere All at Once è visionario, a tratti grottesco, eppure i suoi protagonisti sono estremamente vicini a ciascuno di noi: Evelyn gestisce assieme al marito una lavanderia a gettoni, ed è sotto pressione per la non facile gestione dell’attività (che potrebbe chiudere), del padre anziano Gong Gong, oltre che per la scoperta che il marito intende chiederle il divorzio; infine, i rapporti con la figlia ventenne Joy non sono dei migliori, non riuscendo lei ad accettarne l’omosessualità e dunque a relazionarcisi nel modo giusto.

Se si dovesse riassumere la storia in una frase, in effetti, sarebbe – come sottolineano ancora i registi– “un film su una madre che impara ad ascoltare la propria famiglia nel bel mezzo del caos più totale”.

A rendere maggiormente il concetto è il personaggio di Jobu Tupaki (una variante della figlia di Evelyn, Joy) che inizialmente sembra voler uccidere Evelyn, ma che in realtà sta solo cercando un’altra persona in grado di spostarsi nel multiverso, che voglia trovare insieme a lei il Senso e il Significato delle cose.

Evelyn, dall’altro lato, mentre è impegnata a cercare propria identità dopo una vita di sacrifici, viene chiamata dal doppelganger di suo marito (una specie di super eroe esperto di tecnologia e di kung fu) a salvare il destino di tutti gli universi, riportando l’armonia tra i mondi così come nella propria realtà personale.

Tutto questo, accompagnato da citazioni cinematografiche che spaziano da “Ratatouille” a “2001: Odissea nello spazio”.

What else? C’è un mondo di motivi per vedere Everything Everywhere All at Once. Anzi, un multiverso.

 

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